domenica 4 novembre 2012

Nel ventre dell'Etna


Esistono posti dove è possibile aggirarsi sulle pendici di un vulcano attivo, individuare un’apertura su una superficie lavica, infilarsi dentro e provare l’emozione di passeggiare nel ventre di un vulcano attivo.

Uno di questi posti è l’Etna, il vulcano più alto d’Europa, dove esistono centinaia di grotte la cui origine è da collegare all’attività vulcanica.
Uno speciale tipo di grotte è rappresentato da quelle che si formano all’interno delle colate laviche attive e che sono chiamate tunnel o tubi di lava. 


Un particolare sistema di tunnel lavici è quello che si trova in prossimità delle bocche eruttive del 1669, in territorio di Belpasso, nel basso versante sud occidentale del vulcano.
Domenica 21 ottobre 2012 i geologi di Geo Etna Explorer, in occasione della Settimana del Pianeta Terra, hanno accompagnato un gruppo di visitatori sul sentiero che collega i vari tunnel.

Gli ospiti del geoevento “Nel ventre dell’Etna” hanno avuto modo di osservare le diverse morfologie tipiche dei campi lavici (lave scoriacee, lave a corda, canali di scorrimento, ecc.). Indossati i caschetti e accese le lampade, è stato possibile entrare all’interno di due delle quattro grotte vulcaniche. 


Una colata lavica è costituita da un sistema complesso e articolato costituito da diversi rivoli di lava fluida (la temperatura si aggira intorno ai 1100°C) chiamati unità di flusso. Ognuno di questi flussi scorre a contatto di un substrato più freddo della lava stessa nella parte basale e a contatto con l’aria, anch’essa più fredda, nella porzione sommitale. Le forti differenze di temperatura, unitamente al fatto che la lava scorre più velocemente nella parte mediana che lateralmente, fanno in modo che la porzione esterna delle unità di flusso si raffreddi molto più velocemente della parte interna, con la conseguente formazione di una crosta solida a forma di tubo.
Poiché la lava solida è un ottimo coibente, la parte interna dell’unità di flusso, disperdendo una quantità minima di calore, si mantiene a temperatura pressoché uguale a quella di emissione e continua a scorrere all’interno del condotto lavico. E’ come se una parte del flusso lavico, solidificando, si “sacrificasse” per mantenere il più possibile fluida la quantità massima di lava.

I meccanismi che portano alla formazione dei tunnel di lava sono in realtà vari e complessi. Sull’Etna se ne riconoscono almeno tre, ma il più comune è il seguente: il raffreddamento può iniziare in corrispondenza dei margini del flusso lavico, con conseguente formazione di due argini laterali solidi che formano un canale entro il quale scorre la lava liquida. Tali argini possono crescere, diventare più spessi e più alti, fino a convergere ed incontrarsi nella parte sommitale. A questo punto i due argini si saldano e la colata si è ingrottata. E’ però il drenaggio, totale o parziale, che trasforma un tunnel lavico in grotta.

Il drenaggio può essere provocato da una maggiore pendenza del tratto di tunnel posto più a valle. In tal caso, se la lava è sufficientemente liquida, si può avere il drenaggio. Ma la causa principale di drenaggio è data dalla diminuzione del tasso di alimentazione a fine eruzione. In tal caso il livello della lava liquida all’interno del tunnel si abbasserà gradualmente, liberando uno spazio che costituirà la grotta. 
 
Numerose sono le cavità su tutti i versanti dell’Etna e a tutte le quote, ma quelle visitate in occasione di questa escursione sono molto particolari per le strutture osservabili all’interno dei tunnel. Numerosi sono infatti gli speleotemi come stalattiti di lava, mensole e rotoli, ed altamente spettacolare è lo skylight presente sul soffitto di una delle grotte, che permette l’ingresso di un fascio di luce che taglia il buio assoluto del ventre dell’Etna.


                











                       Testo e foto di Piero Mammino (Geologo)